Ho qualcosa in comune con te?

Quante volte una persona non ci va a genio? Pensiamo continuamente che non è una persona che inviteremo per un caffè, per ragioni inspiegabili quella persona attrae il nostro interesse cominciamo a vedere i suoi contenuti e a scontrarci con i suoi pensieri senza però trovare una valida alternativa per andare contro quello che dice o fa.

Spesso succede anche tra fotografi, ci scontriamo con tutti quelli che si definiscono fotografi oppure che usano semplicemente un mezzo fotografico è qualcosa che mi viene raccontato spesso da chi sta costruendo un linguaggio visivo e che studia fotografia. Non so se tutto questo succede perché la nostra identità come fotografi si sta scontrando con chi ne sa più di noi o no.

La sua fotografia mi dice qualcosa

Qualche giorno fa, ho ripensato a due workshop a cui avevo partecipato con un fotografo. Le sue fotografie mi dicevano qualcosa di profondo, ma il suo modo di fare, la sua arroganza, e la faccia tosta con cui si imponeva mi irritavano terribilmente. Non riuscivo a capire perché mi provocasse una reazione così forte, finché, un giorno, tutto è diventato chiaro.

Aveva pubblicato due libri, che possiedo entrambi. Ho riguardato le sue fotografie dopo anni, e ho notato un elemento ricorrente in tutte le immagini. Non voglio rivelare di cosa si tratta, perché riguarda profondamente sia me che il fotografo, e preferisco mantenere questa riservatezza. Continuando a sfogliare le pagine, mi sono reso conto che quel dettaglio rappresentava il suo trauma.

Chiudendo uno dei suoi libri e rimettendolo a posto, mi sono seduto e ho fissato il muro. In quel momento, il mio mondo è cambiato. Ho capito di non essere solo nelle mie esperienze e nei miei pensieri. Quella sera, continuavo a ripetermi che avevo qualcosa in comune con lui. Questa consapevolezza mi infastidiva, perché i suoi desideri e le sue idee, che tanto mi disturbavano, erano in realtà anche i miei.

La scoperta di questa connessione mi ha scosso profondamente. Mi sono sentito vulnerabile, esposto. Ho capito che, al di là delle apparenze e delle differenze, c’era un legame sottile che ci univa. Questo legame, basato su esperienze e traumi condivisi, ha aperto una nuova prospettiva nel mio modo di vedere il mondo e di comprendere me stesso. E così, in quell’istante di rivelazione, ho sentito un misto di sollievo e inquietudine. Il sollievo di non essere solo, l’inquietudine di riconoscere una parte di me in qualcuno che avrei preferito evitare.

Ho qualcosa in comune con te, caro fotografo. Ed è una verità che mi scuote, ma che, allo stesso tempo, mi fa sentire un po’ meno solo in questo vasto mondo.

E se anche voi vi sentite così

E se anche voi vi sentite così, sappiate che non siete soli. La vita è piena di connessioni inattese e fili invisibili che ci legano agli altri. A volte, scopriamo parti di noi stessi riflesse in persone che non avremmo mai immaginato, e questo può essere sia disorientante che rivelatore.

Questi momenti di connessione, sebbene difficili, ci offrono l’opportunità di comprendere meglio noi stessi e le nostre esperienze. Riconoscere i nostri traumi negli altri ci permette di guarire attraverso la condivisione e l’empatia. È in queste connessioni che troviamo la nostra umanità comune.

Quando vi sentite persi o soli, ricordate che qualcuno, da qualche parte, sta vivendo qualcosa di simile. In questa consapevolezza, troviamo appartenenza e conforto. Accettate questi legami e lasciate che vi guidino verso una comprensione più profonda di voi stessi e degli altri. Non siete soli in questo viaggio, e insieme possiamo trovare forza e speranza nelle nostre esperienze condivise.

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Buona Luce

Emanuele