Walker Evans, uno sguardo oltre il visibile

In tutti gli articoli del blog, Walker Evans è ricorrente tra le influenze dei maestri della luce. E bene, Evans è uno dei fotografi più influenti della fotografia americana e anche della mia ma non ho scritto subito un articolo su di lui perché non è facile scrivere di un fotografo che ha influenzato tutta la fotografia che ho studiato e non solo, ci ha permesso l’evoluzione della stessa. Infatti se oggi scattiamo abbiamo un evoluzione della fotografia come mezzo di espressione artistica lo dobbiamo principalmente a Evans.

Evans nasce nel Missouri nel 1903, in un periodo storico importante, il padre non a caso lavorava nel settore pubblicitario, che lo avvicina alla fotografia.

Ma si c’è proprio un ma Evans amava scrivere e comincia un percorso lavorativo nell’editoria dove sogna di diventare poeta e si trasferisce a New York, dove non fa che collezionare insuccessi.

È proprio da qui che iniziano tante correnti fotografiche, non a caso la poesia e la fotografia condividono dei flussi di pensiero quasi simili, e intere generazioni di fotografi si sono concentrati su questo, il suo essere un artista complesso.

La fame dell’occhio

Evans, Aveva uno sguardo introspettivo, una fame che ha generato un mistero in chi lo ha conosciuto e nelle sue fotografie ci mostra la realtà senza commenti o filtri, stessa fame che lo ha reso uno dei fotografi più influenti. Le sue fotografie documentano, ma allo stesso momento trasmettono qualcosa, e si nota subito un linguaggio ordinato (tornado al flusso di pensiero) e un introspezione che in quel periodo era inusuale e generava incertezza e studio specialmente tra i fotografi.

Era evidente la sua sensibilità ed era sempre pronto a svelando la bellezza dell’ordinario.

Nell’intervista del 1971 presso l’Università del Michigan, riportata in “Newhall, Photography: Essays & Images”, Walker Evans dichiarò:

“Quando ho detto che la strada è il mio museo non intendevo affatto ciò che voi pensate; io vado per strada per l’educazione del mio occhio e per il sostegno di cui l’occhio ha bisogno, l’occhio affamato, e il mio occhio è affamato!

Questa breve frase presa dal contesto dell’intervista sottolinea il desiderio di Evans di esplorare il mondo circostante per affinare la sua percezione visiva e soddisfare la sua continua curiosità.

La strada diventa per lui un luogo di apprendimento e di nutrimento per il suo occhio in cerca di nuove esperienze visive e ispirazione.

La sua influenza

La carriera di Evans piena di fallimenti a un certo punto incontra Alfred Stieglitz, che all’epoca studiava i confronti tra la fotografia e la pittura, che boccia la sua fotografia, ma subito dopo entra a far parte del Farm Security Administration (FSA) e la sua fotografia diventa importante.

L’entrata alla FSA è dovuta al confronto con i fotografi del tempi che secondo lui erano poco realistici e poco sociali.

Quando lascia il lavoro all FSA nel 1938 il Museum of Modern Art di New York (MoMA) gli dedica una mostra personale, una cosa mai vista prima e John Szarkowski ai tempi, curatore e critico d’arte, ha scritto diversi commenti e analisi sul lavoro di Walker Evans nel corso della sua carriera, che aprì la corrente artistica che Szarkowski stava cercando di far emergere nella fotografia Americana. Una delle sue citazioni più famose su Evans proviene dal libro “Walker Evans: Photographs” pubblicato nel 1971, in cui Szarkowski afferma: “Evans aveva un occhio introspettivo. Ci convince che stiamo vedendo la struttura nuda del fatto presentato senza commento, quasi senza pensiero“.

Evans era un fotografo molto sensibile, pensate che l’unica fotografia che lo commosse era di Paul Strand che pubblicò una foto di una signora ceca, questo ci fa ritornare all’investigazione di Evans di quella fotografia realista.

PAUL STRAND: IL PRIMO RITRATTO DI STRADA
Foto di Paul Strand, da tutti riconosciuto come uno dei primi ritratti della fotografia sociale

Questa descrizione sottolinea la capacità di Evans di catturare la realtà in modo crudo e senza fronzoli, presentando le sue fotografie come testimonianze oggettive della vita quotidiana. Szarkowski apprezza l’approccio documentaristico di Evans e riconosce il suo talento nel rivelare la bellezza e la complessità nelle situazioni e negli oggetti apparentemente comuni.

I suoi progetti più conosciuti

“American Photographs” (1938), questo progetto ha dato vita a uno dei suoi libri più famosi, che raccoglieva una selezione di fotografie documentaristiche che Evans aveva scattato negli anni ’30, rappresentando la vita quotidiana degli americani durante la Grande Depressione.

E “Subway Portraits” (1938-1941) fotografando i passeggeri della metropolitana di New York, catturando l’intimità tra i vagoni.

Poi abbiamo “Let Us Now Praise Famous Men” (1941) In collaborazione con lo scrittore James Agee e “The Crime of Cuba” .

Questi sono solo alcuni dei progetti più noti di Walker Evans, ma la sua carriera si è estesa su diverse serie fotografiche e progetti che hanno contribuito a definire la sua reputazione come uno dei più grandi fotografi del XX secolo.

Conclusione

Come ho già detto all’inizio di questo articolo, non è facile scrivere di un grande fotografo come Evans, gli sono stati dedicati numerosi articoli e libri ma la cosa certa è che per chi come me fa della fotografia una professione, non si può non conoscere Wolker Evans. Sono felice di aver scritto un articolo su questo grande maestro della luce, dopo così tanto tempo.

Buona Luce

Emanuele