Ricordo le mie prime letture portfolio, ero emozionato di sapere cosa ne pensava un fotografo o un editor che aveva esperienza e che poteva aiutarmi nel mio percorso con una critica costruttiva.
La prima volta me ne andai con un amaro in bocca, perché il tempo era poco e con 15 minuti più la mia timidezza non riuscivo a farmi capire, In sostanza anche parlare di fotografia all’epoca era difficile.
Le prime letture portfolio non si scordano, ne ho saltate tante dopo e me ne sono pentito il problema è che ci chiudiamo a riccio.
Il giudizio e il dopo
Il giudizio a volte parte dallo scatto, ci domandiamo se abbiamo composto bene se sia valsa la pena quel contatto visivo o se da parte nostra siamo risultati aggressivi.
Poi pubblichiamo la fotografia e riceviamo like e commenti, diventiamo grandi e quel giudizio svanisce piano piano, e noi cominciamo a non vedere più le fotografie di nessuno. Ci limitiamo a criticare, vantarci delle nostre fotografie a volte neanche usciamo più e la nostra fotografia a questo punto è finita e neanche ce ne accorgiamo.
È un circolo vizioso che si ripete spesso, e che ci porta sulla strada della competizione.
Una nascita
Qualche sera fa mi sono state inviate delle fotografie e una in particolare mi ha colpito, per semplicità e narrativa conoscendo anche la fotografa e la domanda che mi sorge spontanea è qualcuno si soffermerà a guardare quelle fotografie?
Come fotografi abbiamo una grossa responsabilità, non dobbiamo castrare nessun fotografo ma aumentare la motivazione.
Conclusione
E’ un articolo che avrebbe solo un titolo e due righe ma volevo aggiungere del contenuto. Il problema è che non è del tutto scontato che qualcuno capisca la nostra esigenza di fotografare.
L’unica cosa che possiamo fare è condividere e sperare che qualcuno noti una nostra fotografia o progetto e che si soffermi a guardare.
Buona Luce
Emanuele