La fotografia è una forma d’arte che va ben oltre la semplice registrazione di immagini. È una disciplina capace di svelare l’anima umana e i misteri che si nascondono dietro i volti e le vite delle persone. E poche fotografe hanno catturato l’essenza della condizione umana con la profondità e l’audacia di Diane Arbus nata a New York il 14 marzo del 1923 e venuta a mancare nel 1971 e di origini Russe tanto che il suo vero nome è Diane Nemerov.
Sposa Allan Arbus fotografo e attore, e prende così il cognome del marito ma Allan parte per seguire l’esercito e lascia Diane e sua figlia e per un periodo di tempo ritorna dai genitori.
Diane era figlia d’arte tutti i suoi fratelli erano poeti e pittori, una famiglia ebrea che migrò dalla Russa e che aprì in quegli anni una nota catena la Russek’s.
Diane cominciò a studiare pittura ma si dedicò alla fotografia e non ci volle molto e vinse due borse di studio e cominciò a insegnò fotografia in diverse scuole a New York, si narra che faceva lezioni non solo per sopravvivere ma anche per comprare nuove macchine fotografiche.
L’Arte della Rivelazione
Diane Arbus non si limitava a fotografare soggetti ma li rivelava. Scavando nella psiche umana, ha creato immagini che mettono a nudo le fragilità e le eccentricità dell’umanità.
Ogni sua foto è una porta aperta su un mondo di significato nascosto, questa porta aperta però non piace alla fotografia della sua era, e dopo le prime pubblicazioni Arbus viene criticata per aver spiattellato delle realtà che alla fotografia americana di quegli anni non interessava.
Arbus aveva la capacità di guardare oltre la superficie, oltre le maschere sociali e le convenzioni. I suoi ritratti non erano semplicemente fotografie di persone, ma frammenti di verità umana. Catturava individui in situazioni straordinarie, spesso inquietanti, rivelando la loro vulnerabilità.
L’incontro con i fotografi del suo tempo
Diane istaura dei legami con tanti fotografi la prima fotografa è Berenice Abbott che gli fece abbandonare il formato 35mm per passare a un medio formato, e Lisette Model con cui istaura una amicizia molto sincera, non solo per le origini Ebree ma anche per tanti aspetti della sua fotografia.
Poi conobbe Tod Papageorge, Lee Friedlander e Garry Winogrand con cui espone i sue fotografie al Moma nel 1967 nella mostra organizzata da John Szarkowski, New Documents una delle mostre simbolo di una nuova era nel mondo dell’arte e della fotografia.
Il Ritratto come Metafora
I ritratti di Diane Arbus vanno oltre la semplice rappresentazione fisica delle persone. Sono metafore della condizione umana. I suoi soggetti diventano simboli di solitudine, di alienazione, di desiderio e di paura. Ogni immagine è una storia senza parole che suscita domande profonde.
Questi legami umani trasformavano le sue fotografie in più di semplici immagini: diventavano finestre aperte sul mondo di chi li abitava.
Un esempio straordinario di questo legame umano profondo è l’uomo messicano affetto da nanismo noto come “Cha cha cha,” il nome d’arte di Lauro Morales.
Questo ritratto rimane una delle fotografie più celebri di Diane Arbus. Ma ciò che rende questa immagine ancora più potente è il fatto che Lauro Morales non era solo un soggetto, ma un amico di lunga data della fotografa. Le molteplici fotografie scattate a Lauro Morales nel corso degli anni testimoniano la complessità di una relazione che va ben oltre il semplice atto di scattare una foto.
In un mondo in cui la superficialità spesso prevale, Diane Arbus ci insegna che la vera bellezza della fotografia risiede non solo nell’estetica delle immagini, ma anche nella connessione umana che si crea tra il fotografo e il soggetto.
La Leggenda Continua/Conclusione
Diane Arbus ci ha lasciato un’eredità che continuano a ispirare e a interrogare. Le sue fotografie sono finestre aperte su mondi interiori, inviti a indagare su ciò che ci rende umani. La sua arte non è mai stata semplice osservazione, ma un’esplorazione filosofica dell’esistenza umana.
In un mondo sempre più dominato dall’immagine e dalla superficialità, le fotografie di Diane Arbus ci ricordano il potere della fotografia di essere uno strumento per la riflessione profonda e l’analisi della nostra condizione. Sono una chiamata alla contemplazione, all’apertura mentale e all’emergere della verità nascosta nelle pieghe della vita quotidiana.
Buona Luce
Emanuele