Robert Frank è uno dei fotografi che studio costantemente. The Americans è un libro che non finisce mai di stupirmi e non sono l’unico a sostenere che questo autore ha rivoluzionato la fotografia.
Parliamo di un fotografo che ha avuto l’opportunità di lavorare con altri grandi i quali hanno riconosciuto la sua visione fotografica, come ad esempio Walker Evans.
Tools not rules
Una delle principali critiche che sono state fatte a Robert Frank sono le sue foto che non presentavano uno schema di composizione affine a quello dell’epoca. Ricordiamo che il mondo aveva conosciuto la fotografia europea di Henri Cartier Bresson che aveva imposto delle regole ferree a tal proposito. Una delle caratteristiche della fotografia di Frank, invece, è che nella sua composizione lavora sull’errore, risolvendo brillantemente prospettive nelle quali trovava anche delle associazioni.
La fotografia come racconto visuale
Se “The Americans” riceve il suo riconoscimento solo negli anni ’60 e proprio perché introduce un concetto nuovo di narrazione visiva. Frank ha lavorato sull’editing di questo progetto scegliendo 82 scatti su 28.000, raccontando gli Stati Uniti d’America in un viaggio e in cui sfruttando questo potere visuale il fotografo si racconta.
Racconto che ritroviamo nella sua raccolta autobiografica “The Lines of my Hand“, oltre che in “Good Days Quiet” nel quale riprende alcuni scatti e li ricolloca a formare una storia molto personale.
Quando le persone guardano le mie foto voglio che provino la sensazione che si ha quando si legge una riga di una poesia una seconda volta
Robert Frank
Questo concetto di narrazione visuale oggi ha rivoluzionato la fotografia scavalcando l’idea allora dominante su come la fotografia rappresentasse una riproduzione fedele della pura verità.
Vi invito a vedere questo carosello che si trova su Ig con tre frammenti del documentario “Don’t Blink”, nel secondo video Robert Frank fotografa Ed Lachman con una polaroid ed è incredibile come risolve il frame.
Personalmente trovo fantastico il valore che Robert Frank dà agli scatti mantenendosi distaccato e nelle sue ultime interviste presentandosi molto fiero del suo lavoro.
Puro istinto
Lui stesso racconta che era bravissimo ad avvicinarsi alle persone e scattare senza essere notato. Robert dimostra di aver fatto uno studio negli anni, cavalcando le scene che si trovava d’avanti e sviluppando un coraggio che sconvolgeva i soggetti come racconta Joel Meyerowitz.
Contaminarsi e influenzare non è sbagliato
Robert Frank oltre ad ammettere di essere stato influenzato nei suoi lavori dalla fotografia europea e specialmente da Walker Evans. Facilmente però, studiando altri grandi fotografi, possiamo realizzare che Frank è stato a sua volta anche un mentore, come nel caso di Louis Faurer.
La sua grande influenza è stata capace di ispirare grandi fotografi a diventare tali, come noto nel caso di Joel Meyerowitz.
Conclusione
Vi invito a studiare il lavoro di Robert Frank e non limitatevi a “The Americans” ma esplorate anche il suo lavoro personale oltre che “Perù” e “London”.
Se avete la possibilità non fatevi sfuggire “Looking In” nell’edizione di Steidl che comprende anche Perù, London, The Americans onltre ai contact sheets.
Buona Luce.
Emanuele